Sporco Lobbista – Il blog di Fabio Bistoncini

Pubblicato da Fabio Bistoncini il 07/09/2017 & archiviato in In evidenza, Lobbying

Golf & Lobbying

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USA Today ha, di recente, pubblicato un lungo articolo frutto di una ricerca molto approfondita svolta da cinque suoi giornalisti.

La tesi che sostengono gli autori è che molti gruppi d’interesse hanno individuato un nuovo canale per influenzare la Presidenza degli Stati Uniti: quello dell’iscrizione ai vari golf club che sono di proprietà di Donald Trump, da lui regolarmente visitati anche dopo la sua elezione.

Secondo gli autori, dall’analisi dei membri dei club, emergerebbe che almeno 50 sono altissimi dirigenti di aziende che hanno rapporti commerciali con il Governo, e 21 sarebbero lobbisti o dirigenti di gruppi d’interesse.

Di questi, due terzi avrebbero giocato a golf proprio in uno dei 58 giorni in cui il Presidente era presente al Club.

Secondo gli autori si starebbe creando una modalità di influenza del tutto nuova: quella di finanziare non direttamente il Trump politico (cosa perfettamente legale se fatta nel rispetto della normativa USA), ma il Trump imprenditore proprio attraverso l’iscrizione ai suoi golf club.

Considerando che tale iscrizione spesso supera una quota d’ingresso di 100.000 dollari a cui si devono aggiungere altre migliaia di dollari di fee annuale….non si tratta di cifre di poco conto.

Ovviamente i pochi che hanno accettato di rispondere alle domande dei giornalisti hanno dichiarato che la loro attività golfistica non ha nulla a che fare con il business o la politica.

 Comunque l’articolo lo trovate qui.

Mi permetto solo qualche commento.

La ricerca è molto approfondita e fatta molto bene. Sicuramente è uno spunto di riflessione interessante.

Peccato che sia offuscata,  a mio modo di vedere, da alcuni pregiudizi,.

Uno, ad esempio, riguarda l’iscrizione ai golf club di Donald Trump. Che sono, tra parentesi,  tra i più belli degli Stati Uniti. E quindi l’approdo ideale per golfisti che possono permettersi cifre assai onerose per il proprio divertimento. Questo indipendentemente dal fatto che il proprietario sia diventato Presidente.

Diversa sarebbe stata la situazione  se fosse dimostrato che l’iscrizione sia avvenuta dopo l’elezione di Trump. Ma, dalla lettura dell’articolo, tutto ciò non si evince.

Insomma nell’articolo ci sono tanti indizi, confezionati molto bene, a dimostrazione della tesi di partenza.

Come questo:

One lobbyist for U.S. and Canadian airports mentioned his membership to Trump at a White House meeting in February. “I’m a member of your club, by the way,” Kevin Burke said, in an exchange captured by C-SPAN. “Very good, very good” Trump replied.

Francamente tanti indizi non fanno una prova: manca la “smoking gun”.

Ma se la ricerca serve a rafforzare il pregiudizio sull’attività dei gruppi d’interesse, sul lobbying, sull’amministrazione Trump e sul golf… allora è perfetto!

 

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